non pensi di venire a insegnare storia dell’arte

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ho fatto storia dell’arte 30 anni fa […] erano professori come lei che mi aspettavo all’università, e non ho trovato, che insegnassero a discernere, ad attribuire. non si insegnava nulla di simile

*** WARNING: fishing for compliments ***

Un lettore mi scrive queste belle parole.
Purtroppo non si rende conto di essere fuori dalla realtà.
Come me: anch’io pensavo che bisognasse immergersi completamente nell’argomento, e in primis conoscere le cose, toccare gli oggetti. Insomma, sapere di cosa si parla. Poi, passare al riordino, alla sistemazione delle conoscenze acquisite.
Ma come si può passare alla sintesi se non si conoscono i dati? Come posso sistemare la biancheria se non distinguo un calzino da una mutanda?

No, no. Robetta provinciale. Poco glamour.
Nell’ultimo concorso (quello fantastico dell’Università dove non si fa ricerca) me l’hanno proprio detto. “Lei non pensi di venire qui a insegnare storia dell’arte, a fare distinzioni attributive”. No? “No. Qui lei dovrebbe insegnare a persone che non sanno nulla, che so… Raffaello”. Parole testuali (la memoria non mi difetta).
Ma queste persone a cui si propina la stessa pappa delle scuole superiori non dicono nulla? Non si meritano qualcosina in più, visto che pagano?

Quindi vede, caro lettore: l’Università non vuole me, e certo ne ha tutte le ragioni.
Ma soprattutto non vuole lei.

 

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Una risposta a non pensi di venire a insegnare storia dell’arte

  1. teresa ha detto:

    Lei scrive già dei libri, ma molto specialistici. Ne scriva uno divulgativo, sull’Arte del Conoscitore. Insegni a guardare un quadro concretamente, a distinguere autore e interventi o copia di bottega, ed epigono, e falso. Insegni i supporti, le tecniche, i materiali, i tic e le maniere che fanno riconoscere a Lei un autore. Io dico che sarebbe un successo. La gente ha una sincera voglia/bisogno di capire l’arte concretamente, non-accademicamente, e di essere intrattenuta con spirito. Lei è capace di entrambe le cose. L’anno scorso, al Salone del Libro di Torino, fuori da due conferenze su libri di storia dell’arte divulgativi, c’era una coda di persone, malgrado si tenessero in saloni enormi, i 2 più grandi, da centinaia di posti a sedere, che prendeva, in lunghezza, mezzo padiglione. Non sono riusciti a entrare in centinaia. E per riuscirci facevano un casino tale che nelle sale professionisti dove noi parlavamo del nostro mestiere non si riusciva a sentire il relatore del momento. Non Le dico i nomi dei due autori per cui il pubblico si scalmanava tanto, perchè magari Lei li detesta e si scoccia. Lo scriva, invece, questo libro. Nei ritagli di tempo. Sono cose che sa a menadito, a fine giornata di lavoro non ci mette nulla. KISS: Keep it short and simple. Voli basso nel senso migliore del termine, come sanno fare gli autori inglesi; and smiling: li faccia sorridere, li faccia “intenerire” (quanti pittori fanno “intenerire”! Non i soliti che ormai gli hanno propinato in tutte le salse, non Van Gogh, ma… Pontormo… Soutine…), li faccia ridere. Promuova bene il libro, nelle città in cui c’è, al Circolo dei Lettori, nelle librerie specialistiche, nelle Feltrinelli, nelle scuole d’arte e in quelle di Comics, nei Saloni del Libro e in quelli del Fumetto; in questi ultimi ci sono un sacco di ragazzi che disegnano benissimo e che sono avidi di sapere come lavoravano in passato gli artisti (vada a vederne uno, salone di Comics, ce n’è uno a metà aprile). Se parla come scrive le conferenze le terrà a braccio e saranno divertentissime; le metta su YouTube. Diventi famoso così, poi la cattedra io dico che Gliela danno, forse Gliela propongono persino. O Lei si mette a far libri (anche, oltre al Suo mestiere), che è bellissimo.

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